Trovo finalmente mezz’ora di calma per riportare delle impressioni pure io. Le avessi scritte subito dopo l’evento sarei stato forse troppo generoso con lo staff e soprattutto me stesso, ma anche adesso, a mente fredda, la data del Mugello è stata il degno coronamento di questi anni di trackday, davvero indimenticabili.
In due parole, mi pare un “lavoro compiuto”, nel senso che siamo tutti cresciuti continuamente: organizzazione, piloti e anche pubblico. Non dimentichiamo che chi ci segue (meccanici, genitori, amici, fidanzate e mogli) si sacrifica davvero tanto, perché il Challenge è un trofeo a misura di pilota, fatto per soddisfare la voglia di guidare, ma onestamente dalle tribune è poco godibile (turno della morte a parte!) e in giornate prettamente autunnali, come quella di sabato scorso, stare in autodromo per 12 ore filate è un sacrificio grosso per chi non guida. Però… non ho mai visto qualcuno lamentarsi, sempre tutti col sorriso, quindi, cari piloti, ringraziate chi vi accompagna ed anche chi vi aspetta a casa, perché per voi il tempo vola, ma per loro è meno divertente e più preoccupante di quello che sembra. Se lo fanno, un po’ di bene ve lo vogliono, statene certi.
Sabato, come sempre, per tutto il giorno non ho avuto il tempo di pensare troppo a cose che non fossero strettamente attinenti alla pista, cioè al fatto che si trattava dell’ultima data, e come me credo gli altri ragazzi che lavoravano. Però, al momento della premiazione, quando la tensione si stava stemperando, guardare il folto gruppo che ha assistito alla consegna dei premi mi ha sinceramente commosso. Non solo per il vostro riconoscimento, ma soprattutto per il legame di stima ed amicizia che si è instaurato in questi anni, malgrado ci vediamo solo una manciata di weekend ogni stagione.
Il motorsport è faticoso, complesso e costoso e nel gruppo ci sono persone che sono venute all’ultima data malgrado non fossero perfettamente preparate o non avessero proprio la macchina per correre o non potessero restare a cena e dormire comodamente in albergo. Altre sono venute, nelle stesse condizioni od in situazioni ancora più difficili, ad altre date di questa e delle passate stagioni. Penso a chi subiva delle rotture e con mille sacrifici si ripresentava alla data successiva.
Questo mi fa venire in mente una cosa su cui ho rimuginato tanto, ed è fra i motivi che mi hanno portato a lasciare l’organizzazione del Challenge: bisogna cogliere le occasioni quando si presentano, perché non è detto che tornino. Un’ovvietà che però, applicata al nostro ambiente, vuol dire per i piloti “compratevi una macchina da 3.000 Euro, fatele solo l’ordinaria manutenzione e correte” e per gli organizzatori “avete creato una cosa più grande di voi, adesso o vi ci dedicate totalmente o la lasciate ad altri e andate voi a cogliere le occasioni per divertirvi, che un lavoro impegnativo già ce l’avete”.
Al 90% il Challenge continuerà con un’altra gestione solo con leggeri aggiornamenti; è una soluzione fortunatamente trovata in extremis, chi non ha approfittato per girarci perché non aveva l’auto per fare il tempo, non aveva le gomme giuste, non aveva voglia, non trovava una giornata libera, ecc, ecc… ha rischiato seriamente di non girarci mai e, diciamolo, si sarebbe perso una gran cosa!
Una cosa forse irripetibile, ho sentito dire ai box, e potrebbe anche essere vero. È difficile conciliare un’accesa competizione con tanta amicizia, tanta collaborazione e tanta goliardia. Però, tenete presente che le cose cambiano e spesso migliorano, dipende anche dai partecipanti, cioè da voi, anzi, d’ora in poi “da noi”. Il Challenge stesso è nato sulle ceneri di un altro trofeo, durato poco e finito male, sul quale ancora qualche nostalgico sparge qualche lacrima, ma quel nostalgico al Challenge non ha mai partecipato, altrimenti saprebbe che tutto passa e spesso migliora, non c’è bisogno di guardare indietro tristi. Diamoci da fare e approfittiamo delle occasioni future.
In questi anni ci sono stati momenti di scoramento per tutti, ma da questo lato della barricata, quello di chi organizza, non si è mai mollato per due motivi: intanto, perché prima di mollare un impegno senza portarlo a termine come promesso o senza avere qualcos’altro di meglio preferisco davvero non dormire più la notte; poi perché guardando i partecipanti ed il pubblico vedevo una tale correttezza, dei tali valori ed un tale entusiasmo che mi dicevo “No, non si può far morire tutto questo per delle stupidaggini”.
Perché i vostri sacrifici li ricordo: motori appena fatti che si rompevano, lunghe trasferte per fare pochi giri, risultati che non arrivavano, ecc, ecc… Fare il pilota è un compito duro, non è retorica, anche se dà enormi soddisfazioni quando le cose vanno bene e penso sinceramente sia una delle attività più “alte” che il genio umano abbia mai concepito, dove si intrecciano mezzo meccanico e persona per creare una situazione dalla complessità imparagonabile per ogni altro sport.
Così, con la fatica di piloti e organizzatori, siamo arrivati ad oggi. Sono cambiati molti partecipanti nel corso degli anni, ora è il tempo dell’organizzazione. Nessuno è insostituibile, altra ovvietà, ma vorrei approfittare per rinnovare l’invito a chi non è mai stato al Challenge di venirci. Non ci sono barriere all’ingresso di alcun genere. Non dovete sentirvi intimoriti dal fatto che molti piloti hanno imparato ad andare fortissimo. Non ci sono senatori e quelli che ci sono… sono proprio i più disponibili, che non negano mai un consiglio od una spiegazione tecnica dal vivo o sul forum. I senatori, un giorno, potrete essere voi.
Poi dal vivo si impara mille volte più in fretta che sui social, creati ad arte per attirare la gente in discorsi inconcludenti e ripetitivi. Facebook e WhatsApp vendono pubblicità, non trackday, ricordatevelo! Se proprio dovete, preferite i forum, ma meglio, molto meglio gli incontri dal vivo, idealmente al paddock.
In questi anni mi ha infastidito vedere come il motorsport sia a volte diventato un mezzo non per misurare il proprio impegno, la propria passione e la propria abilità, ma per mettersi in mostra in una gara d’immagine nascondendo ad arte il vero valore dei propri risultati, solitamente scarso. Allora, su Facebook appaiono coppe di gente che arriva terza di tre in categoria, a 10” al giro dal primo.
Lasciate perdere quel metodo, così non si dura a lungo perché la passione è inferiore ai sacrifici. Andate in pista senza cronometro, piuttosto, perché guidare una macchina è bello anche quando a metà giro ci si sente stanchi e si molla per due curve senza riguardo per il tempo. È ancora più bello quando si dà tutto per togliere l’ultimo decimo, ma è orribile quando non ci si riesce e invece di accettarlo si cerca in tutti i modi di sembrare campioni.
In questi anni, inoltre, tutti quelli che hanno lavorato con me all’organizzazione si sono sempre stupiti di come i nostri errori fossero accettati quasi con benevolenza. Ci abbiamo messo un grosso impegno, credetemi, personalmente sono sempre molto critico verso il lavoro mio e dei miei collaboratori, ma stavolta guardando indietro, nel complesso, non so se avremmo potuto fare di più.
Ci sono state delle sbavature anche al Mugello, come no, perché una volta che una capacità è acquisita vien voglia di inventarsi dell’altro o di fare le cose più in fretta, ma è per questo che il Challenge si è sviluppato nel tempo. Se qualcuno di voi si ricorda ancora di qualche torto subito, sappia che davvero, davvero è stato fatto tutto al meglio delle nostre possibilità ed in assoluta buona fede. Perdonateci.
Lo stesso dicasi per i nostri supporter Mac Auto (Elena a parte, lei non sbaglia mai in quanto donna), il Team Santilli, i ragazzi di Imarisio, gli albergatori, i ristoratori, i direttori degli autodromi, i direttori di pista ed i commissari. Sono tutte persone che FANNO e fanno tanto in situazioni di fortuna, pensateci la prossima volta che notate qualche sbaglio. Fateglielo notare, ma comprendeteli, perché ve l’assicuro li ho visti fare autentici miracoli che sono passati inosservati, al contrario di qualche errore immediatamente rimarcato.
Esattamente come dicevo sopra per i piloti, in pista non ci si andrebbe mai se si aspettasse che sia tutto perfetto. Chi ci lavora, in pista, è umano e sbaglia come chi gira per divertimento e qualche volta finisce in sabbia.
Accettate qualche compromesso, altrimenti le giornate in pista non si faranno mai, si litigherà sempre con tutti e si diventerà come i cani randagi che non trovano mai una casa.
Un’altra cosa che ho affinato proprio in questo gruppo e per cui ringrazio tutti, ma proprio tutti quelli che hanno messo piede, non solo ruote, in pista, è distinguere le cose strettamente necessarie da quelle superflue. Una manifestazione come il Challenge tende ad aumentare continuamente di complessità e se non le si mette un freno diventa un meccanismo infernale che tiene lontano i nuovi partecipanti e logora quelli vecchi. Da noi le cose non sono andate così, fortunatamente, perché con consigli mirati, corroborati spesso da generose dosi di bevande alcoliche, siamo sempre riusciti a capirci coi piloti su cosa volessero davvero e cosa non reputassero poi così necessario.
Coi piloti ho parlato tanto di persona, in questi anni, e anche in questo caso un discorso fatto dal vivo, a volte una sola frase, fa capire molto più di mille righe scritte su un forum.
Insomma, come molti di voi hanno imparato ad andare forte, fortissimo e a praticare questo durissimo sport per anni frequentando il Challenge io ho imparato ad essere una persona tutto sommato migliore, oltre che più vecchia :-)
Il “grazie” che vi ho rivolto al Mugello, con gli occhi un po’ lucidi, va ripetuto molte volte.
Ora però basta con queste smancerie, altrimenti non mi riconoscete più!
Ho un nuovo casco Hans dal rapporto qualità prezzo eccezionale di cui vi parlerò, un collare, una tuta anonima (sono tornate le tute MIR economiche, thread in arrivo) così non mi riconoscerete e andrò io dall’organizzatore a rompere domenica, quando sarò di nuovo in pista a Rijeka
In più devo gestire i premi delle varie classifiche di fine anno coi nostri supporter, scriverò ai piloti ad inizio settimana.