Teopiù ha scritto:Piquet ha scritto:Teopiù ha scritto:Stica!
Dai però è servito, ora te lo ritrovi?
E' servito a provare astio quando i reduci del classico trattano noi "scientifici" come illetterati.
Una di queste volte sfido qualcuno su una versione...
Però la tua cultura spazzia anche fuori dal latino.....letterattura italiana, storia ecc..ecc....
Chissà perchè, tra me e me, ho sempre pensato che fossi figlio di professori. Oppure una passione personale?
Raramente i figli di professori amano quanto proprinato dai padri, così come raramente i figli di pastori amano dio (vedi Nietzsche).
Simmetricamente, poichè mio padre è agente IMmobiliare, io odio l'immobilismo e la lentezza e amo le autoMOBILI e la velocità.
P.S.
Più che di passione, si dovrebbe parlare di sublimazione o di altri strani meccanismi psicoanalitici. Da piccolo volevo ovviamente fare il pilota di F1 e, non potendo manco girare sui kart, trasferivo il senso della competizione automobilistica nel "campionato scolastico" (con tanto di classifiche e podi virtuali).
Per "battere gli avversari" (punteggio di campionato=media a fine quadrimestre) e soprattutto per ricercare il giro perfetto (limite fisico della vettura e della pista= massimo dei voti raggiungibile con ogni singolo prof. ) mi sono trovato a dover approfondire le materie a livelli inusuali per gli studenti moderni. Non volevo infatti lasciare nulla al caso.
Non era tanto una questione di voto, ma di perfezione: il pensiero di non aver raggiunto il massimo possibile per non avere fatto tutto quanto avrei potuto mi avrebbe perseguitato in eterno (come quando si scende dall'auto sapendo di non aver ancora sfruttato tutto il suo potenziale). Conseguentemente, non puntavo alla "massima resa con la minima spesa", come usuale fra i miei coetanei, ma al "massimo risultato a qualsivoglia costo" (come fanno le case ufficiali).
Praticamente le continue sessioni di test che i piloti ufficiali delle case avrebbero fatto per sviluppare le vetture divenivano pomeriggi e serate di ricerca in biblioteca su argomenti nuovi ma correlati e di studio a casa su parti trascurate in classe.
La delibera degli assetti e delle strategia di gara si trasponeva sul piano della preparazione del compito in classe del giorno dopo.
La ricerca della furbata regolamentare si trasferiva nella preparazione dei bigliettini.
I compiti in classe erano ovviamente le gare (che però all'epoca consideravo F3). Il fatto di avere più materia a volte sovrapposte riproduceva la possibilità di avere appuntamenti di serie diverse (F3, F.Renault, F.Opel-Lotus, ecc.) negli stessi week-end (e ovviamente implicava la scelta di quelli a cui ci si voleva preparare meglio).
Quando si facevano compiti in classe congiunti (utili ai prof per confrontarsi con i colleghi sul livello di preparazione delle varie classi in vista della maturità) era per me come partecipare ad una gara di F3 internazionale, tipo Monaco o Macao (due all'anno, infatti). Lì era importante fare bene per impressionare gli sponsor.
Difatti, quando al primo quadrimestre feci una svista in quel compito, che mi compromise il massimo risultato, mi sentii come un pilota che poteva vincere ma arriva quarto per aver piegato un baffo per una banale disattenzione. Quando poi al secondo quadrimestre mi presi la rivincita con gli interessi sui "piloti" dell'altra classe provai la soddisfazione dell'hat-trick (e dell'immaginarmi i titoli su Autosprint: "Flavio pigliatutto", "pole, vittoria e giro più veloce", "demoliti gli avversari", "deludenti i protagonisti del precedente appuntamento internazionale").
Inutile dire che il passaggio all'università (quindi da una realtà locale come il liceo ad una universale) era come il passaggio dai campionati nazionali di F3 alla F1: grande paura perchè tutti lo consideravano difficile se non impossibile, ma anche grande determinazione di chi è intimamente convinto di volere e potere far bene.
Quando al primo scritto feci una svista (che pensavo irrecuperabile) provai la stizza di chi manca la pole a sorpresa per un lungo all'ultima curva. Quando invece non solo recuperai perfettamente in quell'esame, ma ne infilai in successione altri quattro entro l'estate (quasi percorso netto, con una sola lode mancata) riuscii a provare la soddisfazione del "rookie of the year",
però non ancora quella del campione del mondo, perchè vi erano altri colleghi parimenti bravi e i conti si sarebbero fatti solo alla fine dei cinque anni. Peccato che poi corsi di studio diversi abbiano reso impossibile proseguire coerentemente il confronto.